Nell’ambito del Grande Progetto di Ricerca d’Ateneo finanziato dalla Sapienza nel 2015, gli studiosi A. Maria D’Achille e Antonio Iacobini, si sono dedicati all’analisi dei disegni e della documentazione del viaggio che Aubin-Louis Millin, archeologo e storico dell’arte francese, compì in Italia per conto del governo napoleonico tra il 1811 e il 1813.
In questo studio la loro attenzione si è focalizzata in particolar modo sulla Puglia e le vicende dei sovrani normanni e angioini, considerati un pezzo di storia francese nella nostra penisola.
Quasi tutte le tavole del tour pugliese furono eseguite da Ignazio Aveta, descritto da Millin in una lettera come “giovane uomo che disegna abbastanza bene e che mi è molto utile”. Infatti, quantunque la qualità delle opere di Aveta non fosse eccelsa, il disegnatore era una persona colta che aveva il pieno possesso della scrittura, anche in lingue diverse dall’italiano; forse fu per questi motivi che si instaurò tra i due un legame se non di amicizia almeno di affetto.
Un caso eccezionale, per la ricchezza di disegni e informazioni, è quello di Bari, di norma trascurata da precedenti viaggiatori. Qui le opere documentate di età normanna sono numerose e su uno dei fogli, in particolare, si scopre l’esistenza di un’opera monumentale ormai perduta e di cui non si aveva conoscenza: la grande porta bronzea collocata fino al 1813 data del disegno, all’ingresso meridionale di S. Nicola, e realizzata dalla celebre officina Barisano da Trani.
Nella sua sosta a Brindisi Millin ebbe modo anche di conoscere Mons. Annibale De Leo, con il quale si intrattenne in amabili ed erudite conversazioni; ma la Brindisi che viene da lui descritta è un centro urbano in stato di abbandono nonostante fossero passati 60 anni dal terribile terremoto del 1743.
Le testimonianze più rilevanti ancora esistenti disegnate da Aveta, furono quelle del mosaico pavimentale del Duomo di Brindisi, fatto eseguire nel 1178 dall’arcivescovo francese Guglielmo, che in origine doveva avere una struttura “ad alberi” simile a quella di Otranto, sulla cui opera viene fornito un resoconto scritto e grafico ricco di nuove informazioni che sono tuttora oggetto di studio.
Per quanto riguarda gli altri monumenti medievali di epoca normanna, furono presi in esame anche la chiesa di S. Benedetto della quale fa riprodurre il bel portale (1a-b), per proseguire con S. Giovanni al Sepolcro e la Fontana Tancredi.
1a – San Benedetto portale meridionale
1b – Disegno del portale meridionale di S. Benedetto a Brindisi. Parigi, BnF, Estampes, Vb 132 h Fol, P64195 (n. 371)
Viene realizzato anche un disegno rimasto senza riscontro nei monumenti medievali della città: quello di una “petite porte” (piccola porta) del complesso conventuale di S. Maria del Carmine (2).
2 – Disegno del portale perduto di S. Maria del Carmine a Brindisi. Parigi, BnF, Estampes, Vb 132 h Fol, P64194 (n. 369)
Questa chiesa costruita nel 1526 con un’iniziale dedica a San Rocco, fu assegnata tre anni più tardi ai Carmelitani che avevano perso il loro monastero, distrutto dal terremoto, posto accanto al mare sulla riva interna del corno destro, e intitolata alla Vergine del Carmelo.
Convento e chiesa erano situati sulla via Maestra (Ruga Magistra), provenendo dalla via Appia subito all’interno di Porta Mesagne; ma oggi ambedue non esistono più. Il loro declino inizia nel 1809 con la soppressione napoleonica degli ordini religiosi e termina nel 1897 con la definitiva demolizione quando ormai erano ridotti a una fabbrica di spiriti (liquori ndr).
Di questa chiesa quasi nulla si sa ed ancora una volta, come nel caso dei battenti bronzei della Cattedrale di Bari, sono i documenti di Millin a svelarci un’opera che altrimenti sarebbe rimasta ignota.
Ma da dove proveniva il portale scolpito rappresentato nel disegno? Infatti che non fosse congruo alla rinascimentale Chiesa del Carmine fu subito chiaro anche allo studioso francese! Si può certo escludere che appartenesse al primo monastero del Carmine, per il quale Della Monaca ci informa che da quelle macerie fu recuperata solo l’immagine su muro della Madonna del Carmelo. Il Della Monaca stesso poi ci informa che, i marmi con cui fu fabbricata la porta maggiore della chiesa del Carmine erano stati prelevati dalle rovine di S. Andrea dell’Isola a Brindisi, riusandone i materiali.
Il confronto più immediato delle sculture riprodotte nel disegno si può senz’altro fare con il portale meridionale della chiesa di S. Benedetto, databile alla fine dell’XI secolo. Si vedano nell’architrave della porta la cornice superiore a foglie d’acanto, ovuli e fuseruole, il fregio con combattimenti tra uomini e animali (3a-b) e, nello spessore degli stipiti, il motivo quasi identico a tralci annodati (4).
3a – L’architrave del portale di S. Maria del Carmine a Brindisi (particolare del disegno alla fig. 2)
3b – Brindisi, S. Benedetto, portale meridionale, architrave
4 – Brindisi, S. Benedetto, portale meridionale, stipite sinistro
E, stranamente, oggi a San Benedetto manca proprio il portale principale!
“Questo, infatti, sarebbe stato rimosso in occasione dei lavori di ammodernamento del monastero e della chiesa effettuati a seguito del disastroso terremoto del 1743. Tale intervento comportò la costruzione, sul lato ovest del monastero medievale, di un nuovo blocco di edifici residenziali e l’inversione dell’orientamento della chiesa (5). Per unire quest’ultima all’ala appena costruita fu realizzato, a ridosso della facciata, un grande vano rettangolare a due piani, adibito in basso a sacrestia, in alto a coro per le monache, che si affacciava con due strutture pensili sulla prima campata delle navatelle.
5 – Pianta del complesso di S. Benedetto a Brindisi alla metà del sec. XVIII (Brindisi, Archivio di Stato, Prefettura, Serie I (ante ’63), cat. 10, fasc.2, b.2, n. 3) (da Brindisi negli archivi Alinari). Nel rilievo è stata inserita la pianta della chiesa (da Marella, la prima arte normanna).
Al pianterreno, il locale della sacrestia fu coperto con una bassa volta a padiglione i cui peducci si appoggiano, tagliandola a mezza altezza, alla facciata della chiesa (6), ben al di sotto della quota cui doveva certamente arrivare l’originario portale, del quale si rese quindi inevitabile la rimozione.
6 – Brindisi, S. Benedetto, sacrestia, interno verso Est
Particolare sub 6)
Peraltro con l’inversione dell’orientamento e lo spostamento dell’altare maggiore a ridosso dell’antica controfacciata, l’ingresso medievale divenne un semplice passaggio di servizio, mentre il nuovo accesso principale alla chiesa fu aperto dalla parte opposta in corrispondenza dell’absidiola sud (7a-b).
7 – Pianta e veduta esterna da Sud Est di S. Benedetto a Brindisi:
7a. rilievo di Adolfo Avena (da Avena, Monumenti dell’Italia meridionale);
7b. acquerello del 1890 di Salvatore Quarta (da Dentro e fuori le mura)
Durante questi lavori il portale meridionale rimase, a nostro avviso, nella sua posizione originaria, (..)”.
Secondo un’altra interpretazione del Wackernagel poi ripresa e portata avanti dalla Prof.ssa Belli D’Elia e dalla Garton, nella ristrutturazione settecentesca il portale principale andò distrutto e di esso resterebbero solo due elementi:
“Un segmento di stipite reimpiegato come architrave nella chiesa di S. Anna e un pezzo di archivolto conservato nel Museo Archeologico della città (8a-b-b/bis)”;
8a Brindisi, S. Anna, portale, architrave reimpiegato
8a/bis Brindisi, S. Anna, portale, architrave reimpiegato visto dal di sotto
8b Brindisi, Museo Archeologico Provinciale “F. Ribezzo”, frammento di archivolto
il primo (8a) simile su una faccia allo stipite interno del portale di S. Benedetto (4) e su quella sotto (8a/bis) ad un motivo a quadrati annodati e rosette che si ritrova nella cornice della finestra (9) superstite dell’edificio,
9 Brindisi, S. Benedetto, finestra del fianco meridionale
il secondo (8b) con lo stesso modello a quadrati intrecciati con all’interno piccole figure di animali simili a quelle degli stipiti esterni del portale meridionale (10).
10 Brindisi, S. Benedetto, Portale meridionale
Particolare sub 10
Quindi una cosa si può affermare con certezza: il portale principale di S. Benedetto a metà del Settecento venne smantellato ma non distrutto, e questa seconda ipotesi va ridiscussa e ampliata sulla base dei nuovi dati offerti da Millin.
Nel disegno di Aveta (2) vediamo gli stipiti abbinati a due segmenti decorati a girali intrecciati, ma non si tratta altro che degli spessori dei medesimi pezzi disposti di prospetto dal disegnatore, che presentano l’identica decorazione dell’architrave di S. Anna, ovvero la sequenza di quadrati intrecciati e tralci annodati (8a/bis).
Dunque, quando il portale medievale di S. Benedetto venne smantellato, i Carmelitani scelsero i tre unici elementi (11) di cui avevano bisogno per la loro “petite porte”.
11 I tre elementi del portale principale di S. Benedetto riutilizzati a S. Maria del Carmine tratti dal disegno di I. Aveta
Ma, tornando all’architrave di S. Anna, abbiamo visto che corrisponde agli stipiti del disegno di Millin, e dunque in origine non era un architrave ma un pezzo dei montanti verticali di cui, virtualmente, mancherebbe oggi all’appello solo il quarto elemento.
“Ciascuno dei montanti, pertanto, doveva essere formato da due elementi sovrapposti alti cm 195 ca.; su di essi poggiava l’architrave figurato che – secondo noi – poteva avere un’altezza analoga a quella del pezzo corrispondente del portale laterale. Al di sopra si impostava la lunetta, cui molto probabilmente apparteneva il frammento di archivolto del Museo (12). Questa lunetta presentava quindi nella faccia esterna lo stesso motivo a quadrati intrecciati dei montanti, in cui era inclusa però una decorazione zoomorfa. (..)
12 Ipotesi ricostruttiva della sezione centrale del portale principale di S. Benedetto a Brindisi
Per quanto riguarda invece la mostra esterna, in base alla larghezza del montante di S. Anna (che è di soli cm 24) si può ipotizzare che in origine essa prevedesse un’articolazione a fasce multiple (13).
13 Ipotesi ricostruttiva del portale principale di S. Benedetto a Brindisi
Pertanto, il portale poteva presentare una slanciata struttura a ghiere concentriche, grosso modo simile a quella del successivo e più maturo esempio dei Ss. Niccolò e Cataldo a Lecce (14), che forse discende proprio dal perduto modello proto-normanno di Brindisi.
14 Lecce, Ss. Niccolò e Cataldo, portale
Di questo ingresso, che in origine poteva raggiungere i sei metri di altezza, dopo lo smantellamento settecentesco giunse al Carmine l’elemento principale: il grande architrave figurato che, come abbiamo visto, mostra indiscutibili elementi in comune con quello del portale meridionale di S. Benedetto. Vi compaiono, infatti, analoghe scene di combattimento tra uomini e animali; ma qui, in posizione centrale, campeggia anche un’enigmatica figura a mezzobusto di vescovo benedicente”.
Si doveva trattare senz’altro di un pezzo di notevole qualità artistica e di grande impatto visivo che ora – grazie a Millin – può entrare con merito nella scultura pugliese della prima età normanna.
Bibliografia
Sintesi dal libro: Arte medievale IV serie – anno VI, 2016 (Sapienza Università di Roma). Silvana Editoriale; “Medioevo disegnato/Medioevo ritrovato: In viaggio con Aubin-Louis Millin nella Puglia normanna di Anna Maria D’Achille, Antonio Iacobini, pp. 267-286
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A conforto della tesi sostenuta dai due studiosi, si ritiene utile riportare il contenuto di due documenti in cui si descrive la vecchia chiesa di S. Benedetto, contenuti nel libro di L. Casone: “Restauri a Brindisi tra ottocento e novecento” – M. Congedo Editore pp. 90-91, accompagnandoli con alcune fotografie d’epoca della Fototeca Briamo presso Biblioteca Pubbl. Arcivescovile “A. De Leo” e didascalie originali.
La chiesa in una relazione del 1867
Si riporta la relazione compilata dal Ricevitore dell’Ufficio del Registro di Brindisi, Monticelli, firmata dal Sindaco De Marzo, circa la concessione della chiesa di S. Benedetto al Municipio di Brindisi. In essa si descrive la chiesa, con tutti i suoi arredi ancora esistenti. Si tratta, diversamente da oggi, di un edificio medievale ornato da cinque altari barocchi.
“L’anno milleottocentosessantasette il giorno nove settembre in Brindisi. Noi Salvatore Monticelli Ricevitore del Registro nel Mandamento di Brindisi. Vista la nota della Direzione di Lecce del 5 andante mese n. 2913, relativa alla concessione della Chiesa dei Domenicani di questa città al Municipio della stessa che ne faceva domanda con deliberazione 30 giugno ultimo, disponendosi di descriversi nel relativo verbale i mobili ed arredi sacri nella stessa esistenti, dei quali restar deve al Municipio cessionario il semplice uso. Volendo a tanto adempire, previo invito fatto a questo Sig. Sindaco, ci siamo col medesimo recati in detta Chiesa ed ivi giunti abbiamo proceduto alla concessione suddetta. La Chiesa ha una sola navata con pavimento di smalto e tettoia di legno in mediocre stato; vi sono cinque altari di pietra, con balaustrata anche di pietra all’altare maggiore. Per due posti laterali allo stesso, si accede al coro in cui vi sono scranni di legno e da questa alla Sacrestia che si compone di due stanze a volta e pavimento di smalto. (..)”
La manipolazione del Barocco nei restauri di Angelo Pantaleo (1911)
Nel seguente rapporto, stilato il 4 ottobre 1911, l’Ispettore della Soprintendenza ai monumenti Angelo Pantaleo elabora una perizia di massima per i lavori occorrenti al restauro del chiostro e della chiesa di San Benedetto; tra i lavori, egli fa rientrare l’eliminazione degli stucchi settecenteschi e lo spostamento dell’altare maggiore, arredi visti come “deturpatori” della “grazia iniziale [e] dell’antica forma”.
“(..) Strofinando l’incalcinatura del muro aderente la porta piccola della nave sinistra guardando l’altare maggiore attuale, rinvenni all’altezza di m 1,50 una fascia decorata a riquadri ed intrecci mistilinei con nei vani stelle, losanghe, intrecci assai interessanti, incisi su marmo, riempiti gli incavi con mastice nero. Questa fascia doveva ricorrere per tutto il muro della chiesa e risulta una nuova ed originale decorazione non ancora riscontrata. Per togliere alla chiesa tutta gli intonaci e le possibili riparazioni, non occorrerebbe che una spesa di lire 1500 circa. La chiesa è perfettamente orientata secondo l’antica liturgia (Est-Ovest ndr). Per rimaneggiamenti posteriori, furono aboliti gli altari dalle absidi, ad una si praticò una porta di ingresso, ad un’altra un vano che va al campanile. La centrale è integra. Ridonare l’antica forma non sarebbe compito difficile nè gravoso. Si abolirebbero le attuali porticine e si ritornerebbero le absidi nella loro forma iniziale con una spesa di lire 300 complessivamente, si demolirebbe l’attuale altare maggiore riportandolo all’originario posto e non facendolo stare a ridosso della porta che va nell’attuale sacrestia e che era il vano della porta maggiore (…)”
Brindisi – Chiesa di s. Benedetto. Interno prima dei restauri del 1957. Fototeca Briamo presso BAD
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Si ritiene conveniente altresì riportare descrizione fotografica attuale delle mura della chiesa su cui sono ancora evidenti le tracce dei restauri eseguiti nel corso degli anni, in uno ad alcune foto d’epoca con relative didascalie originarie della fototeca Briamo presso B.A.D. che vengono proposte per prime
Chiesa di S. Benedetto. Esterno con ingresso ad est ( da foto 1946). Fototeca Briamo presso BAD
Brindisi – Chiesa di s. Benedetto. Esterno con ingresso ad est, da Ruderi e monumenti nella penisola salentina. Pietro Merli, Lecce 1932. Fototeca Briamo presso BAD
Brindisi – Chiesa di s. Benedetto. Esterno dopo i restauri del 1957 (foto del 1962). Fototeca Briamo presso BAD
Esterno
Facciata Est
Facciata Sud
Ex Convento Benedettine
Brindisi – Chiesa di s. Benedetto. Esterno. Portale dell’ex Convento oggi edificio militare (foto del 1963). Fototeca Briamo presso BAD
Sagrestia
Parete Sud
Parete Ovest
Parete Nord
Parete Est
Interno Chiesa
Parete Est
Parete Nord
Particolare
Parete Ovest
Parete Sud
Particolare
Soffitto